E così non fu Filippo che rinnovò le ostilità. La caduta di Taranto (542=212), per la quale Annibale guadagnò un eccellente porto di mare sulle sponde che erano le più favorevoli ad uno sbarco d'un esercito macedone, decise i Romani a parare il colpo da lungi dando ai Macedoni occupazioni in casa loro in modo che non potessero pensare ad un tentativo in Italia.
8. Roma alla testa della coalizione greca. Nella Grecia lo slancio nazionale era naturalmente sfumato da lungo tempo. Facendo assegnamento sull'antica opposizione contro la Macedonia e sulle recenti inavvedutezze ed ingiustizie di cui Filippo si era reso colpevole, non riuscì difficile all'ammiraglio romano Levino di condurre a termine, sotto la protezione dei Romani, una federazione degli stati medi e piccoli contro la Macedonia.
Alla testa della medesima erano gli Etoli, alla cui dieta era intervenuto Levino stesso, guadagnandoseli con l'assicurar loro il territorio acarnano che da lungo tempo desideravano.
Essi strinsero con Roma un trattato, per effetto del quale sottraevano agli altri Greci, per conto comune, popolazioni e territori in modo che il suolo rimanesse ad essi, la gente ed i beni mobili ai Romani.
Ad essi si associarono, nella Grecia propriamente detta, gli stati antimacedoni, o per dir meglio antiachei; così nell'Attica Atene, nel Peloponneso Elide, Messene e principalmente Sparta, la cui decrepita costituzione, appunto in quel tempo, era stata rovesciata da un temerario soldato per nome Macanida, per poter regnare dispoticamente in nome del re minorenne Pelope, fondando un governo da avventuriero appoggiato sulle schiere dei mercenari.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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