Tutti coloro che conoscevano la situazione della Grecia e che amavano il paese, rimpiangevano la malaugurata guerra, in cui esso consumava le ultime sue forze e precipitava nella estrema miseria; gli stati commercianti di Rodi, Chio, Mitilene, Bisanzio, Atene e persino l'Egitto avevano ripetutamente tentato di entrare come mediatori.
E di fatti, entrambi i partiti avevano tutto l'interesse di vivere in buona armonia. Come i Macedoni così gli Etoli, che erano i più considerevoli fra i confederati romani, avevano molto da soffrire dei disagi della guerra, particolarmente da quando il piccolo re degli Acarnani era stato guadagnato da Filippo e da quando, in conseguenza di ciò, l'interno dell'Etolia era divenuto accessibile alle irruzioni dei Macedoni.
Anche molti degli Etoli andavano a poco a poco riconoscendo la parte disonorevole e rovinosa a cui li condannava la lega con Roma; un grido d'orrore partì dall'intera nazione greca allorchè gli Etoli, d'accordo coi Romani, vendettero come schiave le intere popolazioni greche di Anticira, d'Oreo, di Dime e di Egina.
Ma gli Etoli non erano più liberi; essi avrebbero azzardato molto conchiudendo la pace con Filippo e non avrebbero trovato i Romani affatto disposti a desistere da una guerra, che dal canto loro essi facevano solo con pochi vascelli, mentre i pesi e i danni relativi toccavano essenzialmente agli Etoli; e questo tanto più dacchè le cose prendevano una piega favorevole sia in Spagna che in Italia.
Nondimeno gli Etoli si decisero finalmente a dare ascolto alle città mediatrici e, malgrado gli sforzi dei Romani, fu fatta la pace tra le potenze greche nell'inverno 548-9=206-5.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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