Così l'Etolia aveva mutato un potentissimo alleato in un pericoloso nemico; ma al senato romano, il quale appunto allora impiegava tutte le forze dello stato, già esausto, per la decisiva spedizione africana, non parve opportuno il momento per punire quel tradimento. Gli sembrò persino più conveniente di terminare la guerra con Filippo con una pace, la quale conservava ai Romani, ad eccezione dell'insignificante territorio degli Atintani, tutti i loro possedimenti sulle coste dell'Epiro, giacchè, dopo la ritirata degli Etoli, i Romani non avrebbero potuto continuare la guerra senza forti sacrifici. Nella sua situazione Filippo doveva stimarsi fortunato di ottenere così favorevoli condizioni; senonchè le medesime rivelavano quello che d'altra parte non era possibile più oltre nascondere, cioè che tutte le indicibili miserie, che dieci anni di guerra condotta con tanta ributtante crudeltà avevano apportato alla Grecia, erano state sofferte inutilmente e che la grandiosa e giusta coalizione ideata da Annibale, e per un momento accettata da tutta la Grecia, era andata irreparabilmente fallita.
7. Guerra in Spagna. Nella Spagna, in cui era più potente lo spirito d'Amilcare e d'Annibale, la guerra era più seria.
La lotta proseguiva con singolari vicissitudini come comportavano le condizioni del paese ed i costumi della popolazione.
I contadini ed i pastori che abitavano la bella valle dell'Ebro e la ubertosissima Andalusia, non meno che l'aspro altipiano attraversato da molte selvose montagne che si eleva tra l'una e l'altra, accorrevano altrettanto facilmente alle armi per una leva in massa, quanto difficilmente si lasciavano condurre contro il nemico; chè, anzi, non era nemmeno possibile di tenerli uniti.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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