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      Con la miglior parte delle sue truppe, con i suoi elefanti e con la sua cassa, egli si aprì un varco attraverso il paese e pervenne alla costa settentrionale; raggiunse, costeggiando l'oceano, i passi occidentali dei Pirenei, che pare non fossero occupati; arrivò nella Gallia prima che cominciasse la cattiva stagione, e vi pose i quartieri d'inverno.
      Allora si chiarì che la risoluzione presa da Scipione di combinare l'offensiva con l'impostagli difensiva non era nè ben meditata, nè assennata; il vittorioso capitano alla testa d'un forte esercito, con tutta la sua presunzione, era venuto meno al compito principale dell'esercito di Spagna, che non solo il padre e lo zio, ma lo stesso Gaio Marcio e Gaio Nerone avevano saputo assolvere con mezzi molto inferiori; e fu colpa sua, se nell'estate del 547 si trovò in una pericolosa situazione, allorchè il progetto d'Annibale d'un attacco combinato contro l'urbe venne finalmente effettuato.
      Ma gli dei vollero coprire d'allori gli errori del loro prediletto. In Italia il pericolo passò felicemente; si fece buon viso al bollettino dell'ambigua vittoria riportata presso Becula, e quando giunsero dalla Spagna altri bollettini di vittorie, non si pensò più che si era dovuto combattere in Italia il più esperto capitano ed il nerbo dell'esercito ispano-cartaginese.
      13. Conquista della Spagna. Dopo la partenza d'Amilcare Barca, i due comandanti cartaginesi rimasti in Spagna decisero di ritirarsi provvisoriamente, Asdrubale figlio di Giscone nella Lusitania, Magone nelle isole Baleari, non lasciando in Spagna, sino all'arrivo di nuovi rinforzi dall'Africa, che la cavalleria leggera di Massinissa perchè facesse delle scorrerie simili a quelle che Mutinete aveva fatto con grande successo in Sicilia.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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