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      Nel luogo ove Annibale si era maggiormente avvicinato alla città, fuori di porta Capena, alla seconda colonna miliare sulla via Appia, i devoti innalzarono in segno di riconoscenza un'ara al nume che aveva protetto i Romani, costringendo Annibale a volgere le spalle. (Rediculus Tutanus).
      17. Presa di Capua. Annibale si ritirò perchè tale era il suo piano, e diresse i suoi passi verso Capua.
      I generali romani non avevano commesso l'errore, su cui il loro avversario aveva calcolato; le legioni erano rimaste ferme nelle loro posizioni dinanzi a Capua, e solo un debole corpo se ne era staccato alla notizia della marcia d'Annibale verso Roma.
      Appena ebbe udito ciò, il generale cartaginese si volse repentinamente contro il console Publio Galba, il quale, mal avvisato, lo aveva seguìto da Roma, e col quale egli fino allora aveva evitati di venire alle prese; lo vinse ed espugnò il suo campo: tenue compenso per la ormai inevitabile caduta di Capua.
      In Capua, la borghesia, e particolarmente le classi elevate della medesima, avevano già da lungo tempo un funesto presentimento di ciò che doveva avvenire.
      Il senato ed il governo della città erano quasi esclusivamente nelle mani del partito avverso ai Romani. Allora furono presi dalla disperazione notabili e plebei, Campani e Cartaginesi, senza distinzione. Ventotto senatori preferirono darsi la morte; gli altri cedettero la città ad un nemico irreconciliabilmente irritato.
      Era naturale che vi venissero costituiti tribunali di sangue, e solo vi fu contestazione sulla durata maggiore o minore dei processi, e se fosse più prudente e conveniente scoprire le ramificazioni del tradimento anche fuori di Capua o farla finita con una pronta esecuzione.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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