Dopo la presa di Capua i Romani si sentirono di nuovo sicuri dell'esito della guerra d'Italia; essi inviarono ragguardevoli rinforzi in Spagna, dove per la seguita morte d'entrambi gli Scipioni, l'esercito romano si trovava in pericolo e acconsentirono, per la prima volta dacchè ferveva la guerra, ad una riduzione del numero delle truppe, che fino allora, malgrado le sempre crescenti difficoltà della leva, era andato ogni anno aumentando e che da ultimo era salito a ventitrè legioni.
Per conseguenza l'anno seguente (544=210) la guerra italica fu condotta dai Romani più debolmente, benchè dopo terminata la campagna di Sicilia il supremo comando del grande esercito fosse di nuovo assunto da Marco Marcello.
Costui faceva nell'interno una guerra di fortezze e veniva coi Cartaginesi soltanto a conflitti non decisivi. Non fu decisa nemmeno la lotta per l'acropoli tarentina. Ma Annibale riuscì a riportare una vittoria sul console Gneo Fulvio Centomalo presso Erdonia nell'Apulia.
19. Capitolazione di Taranto. L'anno seguente (545=209) i Romani ripresero l'investimento di Taranto, la seconda grande città che era passata dalla parte di Annibale.
Mentre Marco Marcello, con la solita sua tenacia ed energia, continuava la lotta contro Annibale stesso, e in una battaglia che durò due giorni, battuto nel primo, riportò nel secondo una difficile e sanguinosa vittoria; mentre il console Quinto Fulvio induceva i vacillanti Lucani ed Irpini a cambiare di parte e a consegnargli le guarnigioni cartaginesi; mentre ben guidate scorrerie partendo da Reggio obbligavano Annibale a correre in aiuto degli angustiati Bruzi, Quinto Fabio, console per la quinta volta, coll'incarico di riprendere Taranto, si era stabilito nel vicino territorio dei Messapi.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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