Il giubilo di Roma fu senza limiti; gli affari ricominciavano a prender vita come in tempo di pace; tutti sentivano che il pericolo della guerra era superato.
23. Magone in Italia. Del resto Roma non si curava troppo di mettere fine alla guerra. Lo stato ed i cittadini erano esausti per gli straordinari sforzi morali e materiali e si abbandonavano quindi volentieri alla noncuranza ed al riposo.
L'esercito e la flotta vennero ridotti; i contadini romani e latini rimandati alle loro abbandonate fattorie, e le casse pubbliche riempite col ricavo della vendita d'una parte dei beni demaniali della Campania. Fu riordinata l'amministrazione dello stato, si tolsero gli invalsi abusi; si incominciò a restituire il prestito volontario di guerra, e si costrinsero i comuni latini, rimasti in mora, a soddisfare con grossi interessi ai mancati loro obblighi.
La guerra in Italia sostò. Fu una luminosa prova del talento strategico d'Annibale e nel tempo stesso dell'inettitudine dei generali romani, che allora gli stavano a fronte, se egli potè rimanere per altri quattr'anni nel paese dei Bruzi, e se i suoi avversari, disponendo di maggiori forze, non lo poterono costringere a chiudersi nelle fortezze o ad imbarcarsi.
È bensì vero che fu obbligato a ritirarsi sempre più, non già in conseguenza d'inconcludenti combattimenti sostenuti coi Romani, ma a motivo dei suoi alleati Bruzi che gli si mostravano sempre più ostili; sicchè alla fine fu ridotto a non poter fare assegnamento che sulle città tenute dalle sue truppe.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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