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      L'esercito africano era considerato dalla maggioranza del senato come un corpo perduto, composto di compagnie correzionali e di volontarii, di modo che la sua perdita non sarebbe poi stata dolorosa per lo stato.
      Altri, al posto di Scipione, avrebbe forse dichiarato che la spedizione d'Africa si facesse con altri mezzi, o non la si facesse; ma Scipione accettò le condizioni che gli venivano imposte pur di ottenere quel comando così ardentemente desiderato.
      Egli evitava con ogni studio di aggravare direttamente il popolo per non recar danno alla popolarità della spedizione. Le relative spese, e particolarmente quelle ragguardevoli per l'allestimento della flotta, furono coperte in parte con una così detta contribuzione volontaria delle città etrusche, cioè col prodotto di una tassa di guerra imposta come punizione agli Aretini ed agli altri comuni che tenevano pei Cartaginesi, in parte dalle città della Sicilia.
      La flotta fu pronta a spiegar le vele in quaranta giorni. La ciurma fu rinforzata da volontari, che all'appello dell'amato generale accorsero in numero di settemila da tutte le parti d'Italia.
      Scipione fece quindi vela per l'Africa nel febbraio del 550=204 con due forti legioni di veterani (circa 30.000 uomini), quaranta navi da guerra e quattrocento navi onerarie, e approdò felicemente senza trovare il minimo ostacolo al «bel promontorio» (promontorium pulchrum) nelle vicinanze di Utica.
      25. Armamenti in Africa. I Cartaginesi, i quali da lungo tempo si aspettavano che alle frequenti scorrerie fatte negli ultimi anni dalle squadre romane sulle coste dell'Africa succedesse uno sbarco formidabile, allo scopo di impedirlo avevano non solo tentato di riaccendere la guerra italo-macedone, ma si erano anche armati in casa loro per ricevere i Romani.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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