Questa previdenza non solo riuscì completamente, ma gli elefanti, sbandatisi lateralmente, misero il disordine nella cavalleria cartaginese in modo che la cavalleria di Scipione, accresciuta dalle schiere di Massinissa, che rendevano le forze dei Romani molto superiori, ebbe facilmente il sopravvento, e si dette ad inseguire quella nemica col ferro alle reni.
Più seria fu la lotta delle fanterie. Il combattimento fra le due prime linee durò lungo tempo e nella micidiale mischia si disordinarono entrambe, sicchè fu loro necessario ripiegare sulle seconde linee per raccogliersi.
I Romani vi riuscirono; la milizia cartaginese invece si mostrò così incerta e vacillante che i mercenari si credettero traditi, cosicchè vennero con quella alle mani.
Annibale però non tardò a raccogliere sulle ali i resti delle due prime linee, e spinse innanzi, su tutta la fronte, le sue truppe scelte d'Italia.
Scipione, per contro, raccolse nel centro tutte le truppe della prima linea atte a combattere, e fece accostare la seconda e la terza linea a destra e a sinistra della prima. Una seconda e più terribile strage incominciò allora sullo stesso campo; i veterani d'Annibale non si perdettero di coraggio malgrado il maggior numero dei nemici, fino a tanto che non venne a stringerli da tutte le parti la cavalleria dei Romani e quella di Massinissa reduce dall'inseguimento della sbaragliata cavalleria nemica.
Così finiva la battaglia non solo, ma finiva anche l'esercito cartaginese; quei medesimi soldati che quattordici anni prima avevano piegato presso Canne, resero la pariglia presso Zama ai loro vincitori.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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