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      Annibale, fuggitivo, giunse ad Adrumeto con un pugno d'uomini.
      28. Pace. Dopo questa giornata nessun uomo assennato poteva consigliare a Cartagine la continuazione della guerra. Dipendeva dal duce romano stringere immediatamente d'assedio la capitale che non era nč coperta nč approvvigionata, e far subire a Cartagine, qualora non vi si fossero frapposti casi imprevedibili, la stessa sorte che Annibale aveva voluto apportare a Roma. Scipione non lo fece: egli concesse la pace (553=201), non perņ alle condizioni di prima. Oltre alle cessioni che erano state richieste nelle ultime trattative a pro' di Roma e di Massinissa, fu imposta ai Cartaginesi, per la durata di cinquant'anni, un'annua contribuzione di 200 talenti (circa 1.200.000 lire).
      Essi dovettero obbligarsi a non muovere guerra a Roma od a' suoi alleati e in generale a nessuno fuori dell'Africa, ed in Africa a nessuno fuori del loro territorio senza aver ottenuto il permesso di Roma; ciņ che voleva dire, che Cartagine era divenuta tributaria ed aveva perduta la sua indipendenza politica. E vi č persino motivo di credere che essa venisse obbligata a somministrare in certe date circostanze navi da guerra ai Romani.
      Scipione fu accusato di aver accordato al nemico troppo favorevoli condizioni per non lasciare al suo successore, insieme al comando supremo dell'esercito, anche l'onore di metter fine alla guerra pił difficile che Roma avesse dovuto sostenere.
      L'accusa sarebbe stata fondata se il primo progetto fosse andato ad effetto; rispetto al secondo essa non pare giustificata.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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