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      Le condizioni di Roma non erano tali che il prediletto del popolo avesse dovuto temere seriamente di venire richiamato dopo la vittoria riportata presso Zama; tanto più che un tentativo fatto per dargli il cambio era stato deferito ancora prima della vittoria dal senato ai cittadini e da questi recisamente respinto; nè le condizioni stesse della pace giustificavano questa accusa.
      Dopo che Cartagine ebbe così legate le mani, e dopo che le fu posto accanto un così potente vicino, non fece mai nemmeno un tentativo per sottrarsi alla supremazia romana; non si parli poi di rivaleggiare con Roma; del resto tutti quelli che lo volevano sapere, ben lo sapevano, che questa guerra era stata intrapresa piuttosto da Annibale che da Cartagine, e che il gigantesco piano del partito patriottico non si poteva assolutamente più rinnovare.
      Per gli Italici sarà parsa cosa da poco vedere dare alle fiamme soltanto le cinquecento navi da guerra ad essi consegnate e non, insieme con quelle, anche la odiata città; soltanto il ricordo dei trascorsi pericoli poteva giustificare l'opinione, non essere vinto il nemico che non è distrutto, e far biasimare colui che aveva sdegnato di punire radicalmente il delitto di aver fatto tremare i Romani. Scipione nutriva altri sentimenti, e noi non abbiamo alcun fondamento di ritenere che in questo caso egli venisse determinato da motivi ignobili piuttosto che da quelli nobili e generosi che erano propri del suo carattere.
      Non già il pensiero del suo richiamo, o quello d'un possibile cambiamento di fortuna, nè il timore dello scoppio della guerra macedone, che certamente non era lontano, hanno trattenuto quell'uomo fermo e sicuro, che fino allora era riuscito in modo inspiegabile in tutte le sue imprese, dal compiere la distruzione dell'infelice città, distruzione che cinquant'anni dopo fu affidata ad un suo nipote adottivo e che avrebbe certamente potuto compiersi sino da allora.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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