I Boi, che furono i primi ad essere colpiti da questa misura, si difesero col coraggio della disperazione.
Essi passarono persino il Po e tentarono di indurre gli Insubri a riprendere le armi (560=194); bloccarono un console nel suo campo e poco mancò ch'esso non soccombesse; Piacenza stessa resistette appena ai continui assalti degli irritati indigeni.
Presso Modena si diede finalmente l'ultima battaglia; fu lunga e sanguinosa, ma la vinsero i Romani (561=193) e da quel momento non vi fu più guerra, ma caccia di schiavi.
Nel paese dei Boi il campo dei Romani fu ben presto il solo asilo ove incominciò a rifugiarsi la miglior parte della popolazione rimasta ancora in vita; i vincitori potevano ben riferire a Roma senza esagerazione, che della nazione dei Boi ormai non rimanevano che vecchi e fanciulli.
Così dovette naturalmente rassegnarsi al destino che le era toccato.
I Romani chiesero la cessione della metà del territorio (563=191): non poteva venir rifiutata, e non passò molto che essi scomparvero anche dal suolo loro lasciato, fondendosi coi loro vincitori(34).
Dopo che i Romani ebbero così sgombrato il paese, riorganizzarono le fortezze di Piacenza e di Cremona, mandando nuovi coloni in luogo di quelli che negli ultimi difficili anni, erano in gran parte morti o dispersi.
Nell'antico territorio dei Senoni e sue vicinanze furono fondate Potenza (presso Recanati, non lungi da Ancona) e Pesaro (570=184), e nel paese dei Boi di recente acquisto le fortezze di Bologna (565=189), Modena e Parma (571=183), la seconda delle quali era già stata fondata prima della guerra annibalica che ne aveva soltanto interrotto il compimento.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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