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      Come contro i Liguri, così si facevano delle così dette guerre anche contro i Corsi, e più ancora contro gli abitanti dell'interno della Sardegna, i quali si vendicavano delle spedizioni devastatrici mosse contro di essi facendo sorprese sul litorale.
      Si ricorda specialmente la spedizione di Tiberio Gracco contro i Sardi (577=177) non tanto per aver essa ridonata la «pace» al paese, quanto pel vanto di aver egli trucidato o fatti prigionieri 80.000 di quegli isolani e di aver spedito a Roma una tal massa di schiavi da dare origine al proverbio «a vilissimo prezzo come un Sardo».
      5. Cartagine. In Africa la politica dei Romani si riduceva all'unico e meschino pensiero d'impedire il risorgimento della potenza cartaginese mantenendo l'infelice città sotto l'incubo e sotto la spada di Damocle d'una dichiarazione di guerra.
      La disposizione del trattato di pace che garantiva, è vero, ai Cartaginesi l'integrità del loro territorio, ma al tempo stesso assicurava al loro vicino Massinissa tutto il territorio, ch'egli o il suo predecessore avessero posseduto entro i confini cartaginesi, sembrava fatta apposta per far sorgere dissidi e non già per evitarli.
      Lo stesso dicasi dell'obbligo imposto ai Cartaginesi dal trattato di non muovere guerra agli alleati dei Romani; così che essi non erano nemmeno padroni di cacciare dal territorio, che incontestabilmente loro apparteneva, il loro vicino numidico.
      Con tali trattati e la nessuna sicurezza in materia di confini che esisteva nell'Africa in generale, la situazione di Cartagine, al cospetto di un vicino tanto forte quanto alieno d'ogni riguardo, e d'un padrone ch'era giudice e parte ad un tempo, non poteva non essere penosissima; ma la realtà era peggiore ancora di ogni peggiore aspettativa.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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