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      Già nel 561=193 Cartagine si vide assalita per frivoli pretesti, ed ebbe la provincia d'Emporia sulla piccola Sirte, la parte più ricca del suo territorio, saccheggiata e in parte occupata dai Numidi.
      Le usurpazioni andarono sempre più aumentando e i Cartaginesi poterono con fatica mantenersi nelle località maggiori.
      Essi dichiararono nel 582=172 che solamente negli ultimi due anni erano stati tolti loro, in violazione del trattato, altri sessanta villaggi.
      Si spedivano a Roma ambasciate sopra ambasciate; i Cartaginesi scongiuravano il senato romano o di permettere loro di difendersi colle armi, o di nominare un tribunale di arbitri colla facoltà di pronunciare il suo giudizio, o di regolare di nuovo i confini per conoscere una volta per sempre quali dovessero essere le loro perdite; diversamente valeva molto meglio dichiararli addirittura sudditi romani che abbandonarli a poco a poco in balìa dei Libi.
      Ma il governo romano, che sino dal 554=200 aveva fatto sperare al suo cliente (e come ben si comprende a spese di Cartagine) un allargamento di territorio, non sembrava disposto ad opporsi a che egli si appropriasse la preda che gli era destinata; esso frenava talvolta la eccessiva violenza dei Libi, i quali rendevano ora esuberantemente la pariglia ai loro antichi tormentatori, ma in sostanza i Romani avevano assegnato Massinissa per vicino a Cartagine appunto per queste vessazioni.
      Tutte le preghiere e tutte le lagnanze ebbero per risultato o l'arrivo in Africa di commissioni inviatevi dai Romani, le quali dopo profonde investigazioni nulla decidevano, o di vedere continuamente procrastinata la decisione delle trattative intavolate a Roma adducendo i plenipotenziari di Massinissa il pretesto di non avere le necessarie istruzioni.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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