Nello stesso modo che aveva trasformato i suoi pastori in cittadini, trasformò le sue orde di predoni in soldati, che dai Romani furono considerati degni di combattere accanto alle legioni, e lasciò ai suoi successori un tesoro ben fornito, un esercito ben disciplinato e perfino una flotta.
La sua residenza, Cirta (Costantina), fu la fiorente capitale di uno stato possente e una delle sedi principali della civiltà fenicia, che trovò sollecita cura alla corte del re dei Berberi colla speranza di un futuro regno numidico-cartaginese.
La nazione dei Libi, fino allora oppressa, s'innalzò così in faccia a se stessa, ed i costumi e la lingua indigena s'insinuarono nelle antiche città fenicie, come per esempio nella Magna Leptide.
Sotto l'egida di Roma il Berbero cominciò a sentirsi eguale, anzi superiore ai Cartaginesi; gli ambasciatori cartaginesi dovettero udire in Roma che essi, sul suolo africano erano stranieri e che il paese apparteneva ai Libi.
La civiltà fenicio-nazionale dell'Africa settentrionale, che esisteva ancor viva e forte perfino al tempo degl'imperatori che tutto avevano romanizzato, fu meno opera dei Cartaginesi che di Massinissa.
9. Stato della cultura in Spagna. In Spagna le città greche e fenicie del litorale, Emporia, Sagunto, Cartagena, Malaga, Cadice, si piegarono tanto più volenterose alla dominazione romana in quanto chè abbandonate a se stesse, non sarebbero state in grado di difendersi contro gl'indigeni.
Per gli stessi motivi la città di Marsiglia, sebbene più ragguardevole e più in grado di difendersi che non le suddette, aveva stretta alleanza coi Romani, pei quali divenne di grande vantaggio come stazione intermedia tra l'Italia e la Spagna, assicurandosi il loro possente appoggio.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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