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      I coloni greci, stabiliti su una penisola separata per mezzo di mura dal quartiere spagnuolo, facevano occupare questo muro tutte le notti dalla terza parte delle loro milizie, e un impiegato superiore era incaricato di custodire continuamente l'unica porta che vi esisteva: nessun spagnuolo poteva metter piede nella città greca ed i Greci recavano agl'indigeni le loro merci solo accompagnati da numerose scorte.
      10. Il dominio romano. Questi indigeni, irrequieti e smaniosi di guerra, che anticipavano lo spirito del Cid e di Don Chisciotte, dovevano ora venir frenati e possibilmente inciviliti dai Romani.
      Militarmente il compito non era difficile; benchè essi si rivelassero non disprezzabili avversari dei Romani, non solo dietro le mura delle loro città, o sotto la direzione di Annibale, ma anche soli ed in campo aperto: colla loro corta bitagliente daga che i Romani poi ricopiarono, e colle formidabili loro colonne d'assalto non di rado fecero vacillare persino le legioni romane.
      Se essi fossero stati capaci di disciplinarsi militarmente e di associarsi politicamente, avrebbero forse potuto liberarsi dalla signoria straniera loro imposta; ma il loro valore era piuttosto quello del volontario che non quello del soldato, e difettavano d'ogni criterio politico.
      Così in Spagna non si venne ad una seria guerra; ma non si godette nemmeno d'una seria pace.
      Gli Spagnuoli, disse poi giustamente Cesare, non seppero mai esser tranquilli in pace, nè valorosi in guerra.
      Quanto facile riusciva al generale romano farla finita colle schiere d'insorgenti, altrettanto difficile era per l'uomo di stato trovare un mezzo adatto, per pacificare e civilizzare questo paese; e siccome ciò che solo avrebbe effettivamente potuto bastare, cioè una grande colonizzazione latina, era contrario allo scopo universale della politica romana, così all'uomo di stato non rimanevano se non dei mezzi palliativi.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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