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      Il costume antico dei Romani di mandare truppe solamente dove lo richiedeva il momentaneo bisogno della guerra, e, ad eccezione di alcune difficili ed importanti guerre, di non tenere oltre un anno sotto le insegne gli uomini chiamati sotto le armi, si dimostrņ incompatibile col mantenimento dell'ordine nelle irrequiete e lontane province spagnuole d'oltremare; era assolutamente impossibile togliere di lą le truppe, estremamente pericoloso anche cambiarle in massa.
      I cittadini romani cominciarono ad accorgersi che il dominio di un popolo straniero non č una piaga solo pel servo, ma anche pel padrone, e mormoravano senza ritegno sull'odioso servizio militare in Spagna.
      Mentre i nuovi generali si rifiutavano con ragione di permettere il cambio delle truppe in massa, queste si ammutinavano e minacciavano che, ove non si desse loro il congedo, se lo prenderebbero esse stesse.
      Le guerre fatte dai Romani in Spagna non hanno per se stesse che un'importanza subordinata. Esse ebbero principio colla partenza di Scipione e durarono quanto durņ la guerra d'Annibale.
      Dopo la pace con Cartagine (553=201) tacquero le armi anche nella penisola, ma per breve tempo. L'anno 557=197 scoppiņ in entrambe le province una insurrezione generale.
      Il comandante della provincia ulteriore fu messo gravemente alle strette, quello della provincia citeriore completamente vinto ed anzi ucciso. Si rese assolutamente necessario trattare la guerra seriamente, e, sebbene in questo frattempo l'attivo pretore Quinto Minucio superasse il primo pericolo, il senato decise di mandare in Spagna nel 559=195 il console Marco Catone.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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