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      Partiva poi improvvisamente da Pergamo colle sue navi per ricongiungersi alla squadra che si trovava dinanzi a Samo.
      Ma la flotta di Rodi e di Pergamo lo inseguì e lo costrinse ad accettare battaglia nello stretto di Chio.
      Il numero delle navi coperte macedoni era inferiore, ma la quantità dei battelli rendeva le forze del re pari a quelle degli alleati, e i suoi soldati combatterono valorosamente: senonchè alla fine egli fu battuto. Quasi metà delle sue navi coperte, ventiquattro vele, furono sommerse o prese; perirono 6000 marinai e 3000 soldati, tra i quali il capo della flotta Democrate; 2000 furono fatti prigionieri.
      Gli alleati non perdettero che 800 uomini e sei navi. Ma Attalo, uno dei navarchi degli alleati, si trovò tagliato fuori dalla sua flotta e fu costretto a lasciare che la sua nave ammiraglia arenasse non lungi da Eritrea; e Teofilisco da Rodi, il cui civile coraggio aveva promosso la guerra, ed il cui valore aveva deciso la battaglia, morì il giorno dopo per le ferite riportate.
      Mentre, dopo questo avvenimento, la flotta di Attalo ritornava in patria e quella di Rodi rimaneva provvisoriamente nelle acque di Chio, Filippo, il quale a torto si attribuiva la vittoria, potè proseguire la sua spedizione verso Samo per occupare la città di Caria.
      Sulla costa della Caria, presso l'isoletta di Lade dinanzi al porto di Mileto, i Rodioti, senza l'aiuto di Attalo, dettero una seconda battaglia alla flotta macedone comandata da Eracleide. Anche in questo scontro entrambi i contendenti si attribuirono la vittoria; pare però che essa fosse dei Macedoni, giacchè i Rodioti si ritrassero verso Mindo e quindi a Cos, mentre i Macedoni occuparono Mileto, ed una squadra comandata dall'etolo Dicearco occupò le Cicladi.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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