Il senato avrebbe voluto bensì l'umiliazione della Macedonia; ma gli sarebbe costato troppo cara ottenerla a prezzo d'una guerra continentale fatta con truppe romane in Macedonia, e perciò, dopo la ritirata degli Etoli, esso fece spontaneamente la pace sulla base dello statu quo.
È quindi ben lungi dall'essere provato che il governo romano abbia stipulato questa pace colla ferma intenzione di ricominciare la guerra a tempo più opportuno, mentre è certo che pel momento, considerato il totale esaurimento del paese e l'estremo malumore dei cittadini al pensiero di ingolfarsi in una seconda guerra d'oltremare, la guerra macedone riusciva ai Romani in sommo grado incomoda.
Ma allora essa era inevitabile. Si poteva anche tollerare per vicino lo stato macedone, come esso era nell'anno 549=205; ma era impossibile acconsentire che il medesimo s'accrescesse colla miglior parte della Grecia asiatica e colla importante Cirene, che opprimesse gli stati commerciali neutrali e così raddoppiasse la sua potenza.
Oltre ciò la caduta dell'Egitto, l'avvilimento e forse il soggiogamento di Rodi avrebbero certamente recato profonde ferite anche al commercio siciliano ed italico; ed i Romani potevano rimanere tranquilli spettatori che il commercio dell'Italia coll'oriente dipendesse dalle due grandi potenze continentali?
A Roma incombeva d'altronde il sacro dovere di difendere Attalo, suo fedele alleato nella prima guerra macedonica, e d'impedire che Filippo, il quale già lo teneva assediato nella sua capitale, lo scacciasse da' suoi dominii.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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