I sudditi romani nell'Illiria si lamentavano, a dir vero, da lungo tempo delle violenze esercitate dai Macedoni; sino dal 551=203 un ambasciatore romano, alla testa della milizia illirica, aveva scacciato le schiere di Filippo dal suolo illirico, ed il senato aveva perciò dichiarato nel 552=202 agli ambasciatori del re, che se questi voleva la guerra, l'avrebbe avuta prima di quanto non la desiderasse.
Ma simili violenze non erano che i soliti delitti che Filippo commetteva contro i suoi vicini; le trattative in proposito avrebbero condotto ad atti di umiliazione ed a soddisfazioni, ma non alla guerra.
La repubblica romana era in relazioni amichevoli, almeno nominalmente, con tutte le potenze belligeranti nell'oriente, e sarebbe stata in facoltà di accorrere in loro aiuto nel caso di un'aggressione. Ma Rodi e Pergamo, le quali come è ben naturale, furono sollecite a chiedere l'aiuto dei Romani, furono formalmente le assalitrici, e l'Egitto - sebbene ambasciatori alessandrini avessero pregato il senato romano di assumere la tutela del re fanciullo - pare che non si affrettasse ad invocare l'intervento romano per far cessare le angustie del momento, benchè nello stesso tempo aprisse l'accesso del mare orientale a quella grande potenza marittima dell'occidente.
L'Egitto doveva prima di tutto venire aiutato dalla Siria, ciò che avrebbe coinvolto i Romani in una guerra coll'Asia e contemporaneamente colla Macedonia, che essi, come è naturale, si studiavano di evitare, tanto più che erano fermamente decisi a non immischiarsi per lo meno negli affari dell'Asia.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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