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      Pel momento non v'era altro espediente che quello di inviare un'ambasciata in oriente, per ottenere dall'Egitto ciò che, avuto riguardo alle circostanze, non era difficile, cioè l'intervento dei Romani negli affari dei Greci; calmare il re Antioco lasciandogli il dominio della Siria, ed infine accelerare possibilmente la rottura con Filippo e promuovere contro di lui la coalizione dei piccoli stati greco-asiatici dell'Asia minore (fine del 553=201).
      In Alessandria si ottenne senza difficoltà quanto si desiderava; la corte non poteva far a meno di accogliere con riconoscenza Marco Emilio Lepido, che il senato vi aveva inviato, affinchè, «qual tutore del re», difendesse i suoi interessi per quanto lo potesse senza un vero intervento.
      Antioco non si svincolò dalla sua lega con Filippo, nè diede ai Romani le recise spiegazioni che essi desideravano; ma poi sia per rilassatezza, sia in seguito alla dichiarazione dei Romani di non voler intervenire in Siria, egli vi proseguì i suoi piani abbandonando le cose, nella Grecia e nell'Asia minore, a se stesse.
      12. Ripresa della guerra. Intanto era venuta la primavera del 554=200 e la guerra era ricominciata.
      Filippo si gettò nuovamente sulla Tracia, dove occupò tutte le città della costa e particolarmente Maronea, Eno, Eleo e Sesto per mettere al sicuro i suoi possedimenti europei contro uno sbarco dei Romani. Attaccò poscia Abido sulla riva asiatica, l'occupazione della quale era per lui di non poca importanza, perchè, disponendo di Sesto e di Abido, egli si trovava in più stretta relazione col suo alleato Antioco, e non aveva più da temere che la flotta degli alleati gli intercettasse la via per l'Asia minore.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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