Anche nel resto della Grecia Flaminino si limitò, per quanto fu possibile senza ricorrere alla forza, ad esercitare la sua influenza sulle condizioni interne, particolarmente nei comuni da poco liberati; a porre nelle mani dei più ricchi il governo e i tribunali, e al timone dello stato il partito antimacedone, cercando di legare i comuni agli interessi romani col dichiarare di proprietà del comune tutti quei beni, che in virtù del diritto di guerra erano devoluti ai Romani.
Nella primavera del 560=194 tutto il lavoro era compiuto; Flaminino raccolse un'altra volta in Corinto tutti gli inviati dei comuni greci, li ammonì di usare con senno e moderazione della libertà loro concessa, e richiese quale unico compenso a favore dei Romani, entro trenta giorni, la restituzione dei prigionieri italici fatti durante la guerra annibalica e che erano stati venduti schiavi in Grecia.
Egli sgombrò poi le ultime fortezze ancora occupate da guarnigioni romane: Demetriade, Calcide coi piccoli fortini che ne dipendevano nell'Eubea, e Acrocorinto, dando così una sonora smentita al grido lanciato dagli Etoli che Roma avesse avuto in eredità da Filippo i ceppi della Grecia; e si mise in marcia con tutte le sue truppe e coi prigionieri liberati per ritornare in patria.
24. Risultati. Soltanto una disprezzabile malafede, od un meschino sentimentalismo possono negare che i Romani non abbiano presa sul serio la liberazione della Grecia; e la causa, per cui un piano tanto grandiosamente condotto ha prodotto un così meschino risultato, si deve ricercare soltanto nella completa dissoluzione morale e politica della nazione greca.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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