Il re, che in principio della primavera si era recato in Etolia, e aveva fatto una spedizione inutile nell'Acarnania, alla notizia dell'approdo di Glabrio, ritornò al suo quartiere generale col proposito di cominciare la guerra con tutta serietà.
Ma per la sua lentezza e per quella dei suoi governatori in Asia, gli furono in un modo inesplicabile ritardati tutti i rinforzi, cosicchè egli non disponeva che dello scarso esercito col quale nell'autunno dell'anno precedente era sbarcato presso Pteleo, ed anche questo decimato dalle malattie e dalla diserzione nei dissoluti quartieri d'inverno.
Anche gli Etoli, i quali volevano porre in campo masse sterminate, non mandarono nel momento decisivo al loro duce supremo che 4000 uomini.
Le truppe romane avevano intanto incominciato le loro operazioni nella Tessalia, dove l'avanguardia, in unione coll'esercito macedone, avevano scacciato le guarnigioni di Antioco dalle città tessale ed occupato il territorio degli Atamani. Il console seguiva col grosso dell'esercito: tutte le forze dei Romani si raccolsero in Larissa.
8. Battaglia delle Termopili. Invece di ritornare sollecitamente in Asia e sgomberare dinanzi al nemico, sotto ogni rapporto superiore di forze, Antioco decise di trincerarsi nelle Termopili, da esso occupate, e di attendervi l'arrivo del grande esercito dall'Asia.
Egli stesso prese posizione nel punto principale del passo e ordinò agli Etoli di occupare il sentiero pel quale già Serse aveva potuto aggirare gli Spartani.
Ma soltanto metà del contingente etolico ubbidì all'ordine del duce supremo; gli altri 2000 uomini si gettarono nella vicina città d'Eraclea, ove non presero altra parte alla battaglia che provandosi, durante la medesima, a sorprendere ed a mettere a sacco il campo dei Romani.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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