In realtà le cose non erano giunte a questi estremi; che, se il re avesse potuto risolversi a tirare in lungo la guerra, e, ritirandosi nell'interno dell'Asia, avesse saputo trarsi dietro il nemico, un risultato favorevole non sarebbe poi stato impossibile. Ma Antioco, irritato dall'arroganza, verosimilmente calcolata, dell'avversario, e troppo indolente per condurre una lunga guerra, si affrettò più che potè ad offrire all'urto delle legioni romane, le immense, ineguali e indisciplinate sue masse.
11. Battaglia presso Magnesia. Nella valle bagnata dall'Ermo, presso Magnesia, a' piedi del Sipilo, non lungi da Smirne, si incontrarono nell'autunno inoltrato del 564=190 le truppe romane colle nemiche.
Le forze di Antioco sommavano a 80.000 uomini, compresi 12.000 cavalieri; i Romani tra Achei, Pergameni e Macedoni, non ne avevano che poco meno della metà, compresi i 5000 veterani volontari, ma essi erano tanto sicuri della vittoria che non vollero nemmeno attendere la guarigione del loro generale rimasto ammalato ad Elea; in vece sua prese il comando Gneo Domizio.
Per poter distendere l'immenso numero delle sue truppe, Antioco ne formò due divisioni. Nella prima erano le numerosissime truppe leggere, i peltasti, gli arcieri, i frombolieri, i cavalieri tiratori dei Misii, dei Daci, e degli Elimei, gli Arabi sui loro dromedari, ed i carri falcati; nella seconda egli mise sulle due ali la cavalleria pesante (i catafratti, specie di corazzieri), accanto ad essa la fanteria gallica e cappadocica, e nel centro la falange armata alla macedone che per la ristrettezza del luogo non potè stendersi e dovette schierarsi su due file, ciascuna dello spessore di 32 uomini.
| |
Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
|
|
Asia Antioco Magnesia Ermo Magnesia Sipilo Smirne Antioco Romani Achei Pergameni Macedoni Elea Gneo Domizio Antioco Misii Daci Elimei Arabi
|