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      Perciò sul campo di battaglia, nel momento decisivo, mancò la cavalleria.
      I Romani si guardarono bene dall'assalire le falangi colle legioni; essi le lanciarono contro i tiratori a cavallo ed i frombolieri, ai quali, data la massa compatta dei nemici, non andò fallito nemmeno un colpo. La falange, tuttavia, si ritirò in buon ordine sino al momento in cui gli elefanti, posti negli intervalli fra la falange e la cavalleria pesante, presi da spavento, ruppero le file.
      Allora tutto l'esercito si scompose e si diede ad una fuga disordinata e selvaggia; un tentativo fatto per salvare il campo andò fallito e non fece che aumentare il numero dei morti e dei prigionieri.
      Tenendo conto della spaventosa confusione avvenuta durante la battaglia non è inverosimile calcolare a 50.000 uomini le perdite di Antioco; i Romani, le cui legioni non presero parte alla battaglia, acquistarono questa vittoria, che loro valse la terza parte del mondo, colla perdita di 300 fanti e 24 cavalieri. L'Asia minore si sottomise, e così Efeso, da cui l'ammiraglio dovette affrettarsi a mettere in salvo la flotta, nonchè la capitale Sardi.
      12. Pace. Il re chiese la pace ed accettò le condizioni dettate dai Romani, che erano in sostanza quelle offerte prima della battaglia e che includevano la cessione dell'Asia minore(7). Sino alla ratifica l'esercito romano doveva rimanere nell'Asia minore a spese del re, spese ammontanti a circa 3000 talenti (circa L. 15.300.000).
      Nella sua spensieratezza, Antioco si diede pace ben presto per la perdita patita della metà del suo regno, ed era proprio del suo carattere considerarsi obbligato ai Romani per avergli tolto il fastidio di reggere un regno troppo vasto.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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