Arariate, re di Cappadocia, se la cavò con una multa di 600 talenti (circa L. 3.660.000) essendo il suo paese fuori del confine tracciato dai Romani alla propria influenza e questa multa venne persino ridotta alla metà dietro intercessione del suo genero Eumene.
Prusia, re di Bitinia, conservò il suo territorio senza alcun cambiamento; così i Celti conservarono il loro territorio, ma essi dovettero promettere di non inviare, d'allora innanzi, schiere armate oltre i confini, in conseguenza di che cessarono i non decorosi tributi che parecchie città dell'Asia minore pagavano loro.
Roma rese quindi ai Greci asiatici un vero beneficio, che questi non mancarono di ricambiare con corone d'oro e con i più trascendentali panegirici.
Nella parte settentrionale dell'Asia minore, l'ordinamento territoriale non era scevro di difficoltà, particolarmente perchè qui la politica dinastica di Eumene s'urtava con quella dell'ansa greca. Ma finalmente si venne al seguente accordo. A tutte le città greche, che erano libere al momento della giornata di Magnesia e che si erano dichiarate in favore dei Romani, fu confermata la loro libertà, e tutte, meno quelle che fino allora erano tributarie di Eumene, furono per l'avvenire esonerate dal pagare tributi ai diversi dinasti.
Così furono dichiarate libere le città di Dardano e di Ilio, antiche affini dei Romani dal tempo di Enea; così Cuma, Smirne, Clazomene, Eritrea, Chio, Colofone, Mileto e parecchie altre di antica rinomanza. Benchè Focea non fosse compresa nella categoria delle città designate nel trattato, dato che, malgrado la capitolazione, era stata saccheggiata dai soldati della flotta romana, riebbe, eccezionalmente, a titolo d'indennità, il suo territorio e la sua libertà.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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