I Romani li avevano lasciati fare ed avevano perfino tollerato ch'essi lo facessero senza alcun riguardo verso Roma.
Allorchè Messene dichiarò di voler sottomettersi ai Romani, ma di non volere entrare nella lega achea, e questa impiegò la forza per costringervela, Flaminino non aveva mancato di far intendere agli Achei che simili disposizioni separate, sopra una parte del territorio della preda, erano per se stesse ingiuste e, considerando le relazioni degli Achei con i Romani, più che sconvenienti; ma nella sua impolitica condiscendenza per gli Elleni, egli, in sostanza, aveva fatto ciò che gli Achei volevano.
La cosa però non finì così. Tormentati dalla loro ridicola manìa d'ingrandimento, gli Achei non vollero cedere la città di Pleuro nell'Etolia da essi occupata durante la guerra, e l'obbligarono anzi ad accedere, contro voglia, alla loro lega; essi acquistarono Zante da Aminandro, luogotenente dell'ultimo possessore, ed avrebbero volentieri acquistato anche Egina. Solo malvolentieri resero essi quest'isola ai Romani ed accolsero con grave sdegno il prudente consiglio di Flaminino di accontentarsi del solo Peloponneso.
16. Achei e Spartani. Gli Achei si credevano obbligati ad ostentare tanto maggiormente l'indipendenza del loro stato quanto minore essa era in realtà; parlavano di diritto di guerra e del leale aiuto prestato nelle guerre dei Romani e chiedevano agli ambasciatori romani, presenti alle adunanze della lega, perchè Roma si desse tanto pensiero di Messene, mentre l'Acaia non se ne dava alcuno di Capua; il generoso patriota che pronunziò queste parole fu applaudito e potè tenersi sicuro dei voti nelle elezioni.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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