Per venire a capo di tutta questa faccenda, da tutte le parti fu finalmente richiesto il senato romano di pronunciare un giudizio arbitrale - noia meritata per aver esso voluto seguire una politica di sentimento.
Lungi dal mischiarsi in questi affari, il senato non solo tollerò, con esemplare sangue freddo, i pungenti sarcasmi dello spirito acheo, ma permise persino, con una biasimevole indifferenza, che si commettessero le cose più nefande.
Gli Achei furono tutti felici quando pervenne loro la notizia che il senato aveva aspramente biasimato la restaurazione, ma non aveva nulla cassato. A favore di Sparta Roma, giustamente sdegnata per la condanna a morte pronunciata dagli Achei contro sessanta od ottanta spartani, non fece altro che togliere alla dieta la giurisdizione criminale sugli Spartani, il quale atto fu certamente un'ingerenza odiosa negli affari interni di uno stato indipendente!
Gli uomini di stato romani ben poco si curavano di questa tempesta in un bicchier d'acqua, come, meglio di ogni altra cosa, lo provano le molteplici lagnanze intorno alle decisioni del senato, superficiali, contraddittorie e confuse; ma come poteva esso rispondere con chiarezza, quando nel suo seno disputavano contemporaneamente i rappresentanti di quattro partiti di Sparta? Si aggiunga a ciò la impressione che la massima parte di questi uomini del Peloponneso produceva in Roma; lo stesso Flaminino non poteva a meno di essere scandalizzato allorchè uno di essi, la sera, lo intratteneva con una danza e il giorno appresso gli parlava di affari di stato.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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