Il popolo abbandonò l'accusatore e seguì Scipione sul Campidoglio; ma fu l'ultimo bel giorno di questo illustre romano.
Col suo orgoglio, col credersi diverso e migliore degli altri uomini, colla sua decisa politica famigliare, colla quale volle fare un eroe di suo fratello Lucio, che altro non era se non un antipatico fantoccio, egli urtò molte persone che si offesero e non a torto.
Come il nobile orgoglio protegge il cuore, così l'arroganza l'abbandona ad ogni colpo e ad ogni sarcasmo, e corrode anche ogni sentimento originariamente generoso.
Ma è in generale una specialità di simili creature composte stranamente di oro purissimo e di abbagliante orpello, come era quella di Scipione, che per operare il loro incanto abbisognano della fortuna e dello splendore della giovinezza, ma quando l'incanto comincia a sparire, l'incantatore è colui che si desta più di tutti dolorosamente sorpreso.
SECONDO CAPITOLOTERZA GUERRA MACEDONICA
1. Malcontento di Filippo contro Roma. Filippo di Macedonia era rimasto profondamente offeso dal trattamento ricevuto dai Romani dopo la loro pace con Antioco; e l'ulteriore andamento delle cose non era tale da mitigare il suo rancore.
I suoi vicini nella Grecia e nella Tracia, per la maggior parte comuni liberi che un tempo avevano tremato al solo nome della Macedonia, come ora tremavano al nome di Roma, ritorcevano, come era ben naturale, alla decaduta grande potenza tutte le ingiurie ch'essi, sino dai tempi di Filippo II, avevano ricevuto dalla Macedonia; gli Elleni di quei tempi sfogavano il loro frivolo orgoglio ed il facile patriottismo anti-macedone nelle assemblee delle varie leghe e con incessanti lagnanze presso il senato romano.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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