Filippo, re sin da fanciullo, secondato dalla fortuna nei primi venti anni del suo regno, era stato viziato dalla sorte; Perseo salito al trono a trentun anni, aveva dovuto sperimentare sin dalla sua adolescenza i disagi della guerra infelice sostenuta contro i Romani; era cresciuto sotto la pressione dell'avvilimento e col pensiero di una vicina rigenerazione dello stato, ed ereditava ora dal padre, col regno, i suoi dolori, la sua irritazione e le sue speranze.
Si aggiunga ch'egli ben sapeva di aver cinta la corona a dispetto di Roma. E di fatti egli continuò, con tutta la energia, l'opera iniziata dal padre, apparecchiandosi anzi con maggior zelo alla guerra contro Roma.
La fiera nazione macedone fissava con orgoglio gli sguardi su questo principe, che era abituata a veder combattere alla testa della sua gioventù; i suoi compatriotti e molti greci di tutte le stirpi ritenevano di aver trovato in lui il vero capitano per la prossima guerra d'indipendenza.
Ma egli non era quello che pareva; gli mancava l'ingegno e il potere comunicativo di Filippo, qualità veramente degne di un re, che la fortuna aveva offuscate e deturpate, ma che la forza delle avversità aveva in lui di nuovo purificate.
Filippo non prendeva cura nè di sè, nè delle cose; ma al momento opportuno, trovava in sè la forza di agire con prontezza ed energia. Perseo ordiva piani vasti e scaltri e li seguiva con infaticabile perseveranza; ma giunta l'ora dell'azione, al momento di affrontare gli stessi suoi piani, si spaventava di doverli eseguire.
| |
Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
|
|
Perseo Romani Roma Roma Filippo
|