Come è proprio degli uomini d'ingegno limitato, il mezzo diveniva per lui scopo; accumulava tesori per la guerra contro i Romani, e allorchè questi erano già penetrati nel suo paese non sapeva staccarsi dal suo oro.
È sintomatico che il padre, dopo la sconfitta toccatagli, prima di tutto distruggesse nel suo gabinetto le carte che potevano comprometterlo e che il figlio invece s'imbarcasse coi suoi tesori.
In tempi normali egli avrebbe potuto essere un re mediocre come tanti altri, e forse migliore, ma non era fatto per dirigere un'impresa, che si poteva considerare disperata sino dal suo inizio qualora un uomo straordinario non ne fosse l'anima.
Le forze della Macedonia non erano poche. La devozione del paese verso la dinastia di Antigono non era venuta meno, e solo qui il sentimento nazionale non era paralizzato dalle discordie intestine.
Il grande vantaggio che offre la costituzione monarchica, per cui ogni cambiamento di governo cancella gli antichi rancori e le antiche querele, e con uomini nuovi riconduce un'era nuova e nuove speranze, egli lo aveva seriamente utilizzato, iniziando il suo regno con un'amnistia generale, col richiamo dei falliti fuggiaschi e colla remissione delle imposte arretrate.
L'odiosa durezza del padre procacciò quindi al figlio l'affetto della nazione.
Ventisei anni di pace avevano riempito i vuoti che la guerra aveva prodotto nella popolazione della Macedonia, in parte naturalmente, ed in parte per cura del governo, il quale aveva seriamente provveduto a riparare a questo, che era veramente il lato debole del paese.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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