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      Filippo aveva cercato di incoraggiare i Macedoni al matrimonio ed alla procreazione; aveva internato gli abitanti delle città marittime popolando queste con coloni traci di sperimentato valore e di non dubbia fedeltà; per far cessare, una volta per sempre, le invasioni devastatrici dei Dardani, creò nel settentrione una barriera insormontabile contro di essi, convertendo in deserto il territorio posto fra il confine ed il paese dei barbari; e fondò nuove città nelle province settentrionali.
      Egli fece insomma per la Macedonia precisamente quello che fece più tardi Augusto fondando, si potrebbe dire, una seconda volta la potenza romana.
      L'esercito era numeroso, poichè contava 30.000 uomini oltre i contingenti ed i mercenari, e la gioventù si era addestrata alle armi con le incessanti guerre di confine contro i Traci.
      È strano che Filippo non abbia tentato, come Annibale, di organizzare il suo esercito alla romana; ma lo si comprende, forse, considerando ciò che rappresentava per i Macedoni la loro falange, che, sebbene vinta molte volte, si riteneva invincibile.
      Colle miniere, le dogane e le decime, e con l'incremento dell'agricoltura e del commercio, Filippo s'era creato risorse finanziarie per cui era riuscito a riempire il tesoro, i magazzini e gli arsenali. Quando la guerra incominciò, il pubblico tesoro dei Macedoni conteneva danaro per pagare per dieci anni l'esercito e 10.000 mercenari; nei magazzini dello stato si trovavano ammassate provvigioni di grano per un tempo uguale (18 milioni di medimni o staia) e armi per un esercito tre volte più numeroso.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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