Perseo stimò bene di fare suo questo partito (se pure tale poteva chiamarsi, trattandosi di gente che nulla aveva da perdere e meno di tutto un nome onorato), e non solo emanò disposizioni favorevoli ai Macedoni falliti, ma fece affiggere proclami a Larissa, a Delfo e a Delo, con i quali invitava tutti i Greci emigrati per ragioni politiche, o per delitti, o per debiti, a recarsi in Macedonia per essere riammessi in pieno possesso dei loro antichi onori e dei loro beni.
Che vi accorressero non era da dubitare, come non vi era dubbio che in tutta la Grecia settentrionale la rivoluzione sociale latente ora deflagrasse in aperto incendio, e il così detto partito social-nazionale si rivolgesse a Perseo per aiuti. Se la nazionalità greca doveva essere salvata con tali mezzi, con tutto il rispetto per Sofocle e per Fidia, ci dobbiamo domandare se lo scopo fosse degno del prezzo.
5. Rottura con Perseo. Il senato romano si accorse di aver già troppo tentennato, e che era ormai tempo di finirla con questa agitazione.
La cacciata del capo tracico Abrupoli, alleato dei Romani, la coalizione della Macedonia con Bisanzio, cogli Etoli e con una parte delle città beote, erano altrettante violazioni della pace del 557=197, ed erano motivi sufficienti per dichiarare ufficialmente la guerra; ma il vero motivo era che la Macedonia stava mutando la sua sovranità apparente in una sovranità reale, togliendo a Roma il patronato sugli Elleni.
Sino dal 581=173 gli ambasciatori romani dichiararono nell'assemblea degli Achei, abbastanza chiaramente, che una lega con Perseo equivaleva ad una separazione dall'alleanza romana.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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