Con tanto maggior zelo approfittarono di questo intervallo i diplomatici romani per togliere a Perseo ogni appoggio in Grecia.
Degli Achei erano sicuri. Nemmeno il partito dei patriotti greci - il quale nè aveva approvato quei movimenti sociali, nè andava più in là del desiderio di una saggia neutralità - pensava di buttarsi nelle braccia di Perseo; inoltre, coll'influenza dei Romani, era arrivato al potere il partito avversario, che senz'altro si era unito con Roma.
La lega etolica aveva, è vero, chiesto aiuto a Perseo durante le sue guerre intestine, ma il nuovo duce Licisco, scelto sotto gli occhi dell'ambasciatore romano, era più romano degli stessi Romani.
Anche presso i Tessali prevalse il partito romano. Persino i Beoti, che sino dai più antichi tempi erano partigiani della Macedonia, e la cui condizione economica era pessima, non s'erano dichiarati apertamente in favore di Perseo; lasciarono però che tre delle loro città, Tisbe, Aliarto e Coronea, si unissero, per propria iniziativa, a Perseo.
Alle proteste dell'ambasciatore romano per questo fatto, il governo della confederazione beotica rispose informandolo dello stato delle cose. L'ambasciatore dichiarò che, per meglio accertare quali città tenessero per Roma e quali le fossero ostili, sarebbe stato opportuno che ognuna si pronunciasse separatamente in sua presenza; dopo di che, naturalmente, la confederazione beotica senz'altro si sciolse.
Non è vero che il grande edifizio di Epaminonda sia stato distrutto dai Romani; esso crollò prima che essi vi ponessero mano e fu, senza dubbio il preludio dello scioglimento delle altre leghe greche ancora più compatte di questa(12).
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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