Perseo con quella macedone la greca; i Romani ebbero 2000 fanti e 200 cavalieri uccisi; furono fatti prigionieri 600 cavalieri dei loro, ed essi dovettero stimarsi fortunati di poter passare il fiume Peneo senza molestia. Perseo approfittò della vittoria per chiedere pace alle condizioni che erano già state concesse a Filippo, disposto persino a pagare la stessa somma di danaro.
I Romani rifiutarono, poichè essi non conchiudevano mai la pace dopo una sconfitta, ed in questo caso poi la pace avrebbe naturalmente avuto per conseguenza la perdita della Grecia. Ma il meschino generale romano non sapeva attaccare e andava qua e là nella Tessalia senza operare nulla di importante.
Perseo poteva prendere l'offensiva; egli vedeva che i Romani erano mal guidati ed esitanti; la notizia che l'esercito greco aveva riportato nel primo scontro una spendida vittoria si sparse come un lampo per tutta la Grecia; un nuovo successo poteva destare un'insurrezione generale del partito dei patriotti, e, se si fosse organizzata la guerriglia, ottenere incalcolabili successi.
Perseo era un buon soldato, ma non un buon capitano come suo padre; egli era preparato ad una guerra difensiva, e, quando vide che le cose assumevano un altro aspetto, si sentì come paralizzato.
Un insignificante successo ottenuto dai Romani in un secondo scontro di cavalleria presso Falanna gli servì di pretesto, come è proprio degli uomini limitati, per ritornare al suo primo piano ed evacuare la Tessalia.
Era lo stesso che rinunciare ad ogni speranza d'insurrezione greca; d'altronde, quanto si sarebbe potuto ottenere da essa lo prova il cambiamento di parte degli Epiroti ciò malgrado verificatosi.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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