Si può asserire con sufficiente certezza, che non se n'è trovata alcuna prova nè nelle carte di Perseo, nè altrove, e che gli stessi Romani non osarono parlare ad alta voce di questi sospetti. Ma essi avevano il loro scopo. Ciò che si voleva, lo prova il contegno tenuto dalle autorità romane verso Attalo, fratello di Eumene, il quale aveva comandato in Grecia le truppe ausiliarie di Pergamo.
Il valoroso e fedele camerata fu accolto a Roma a braccia aperte, e fu invitato a non chiedere pel fratello, sibbene per sè, poichè il senato volentieri gli avrebbe concesso un proprio regno. Attalo non chiese altro che Eno e Maronea.
Ritenendo il senato che questa non fosse che una richiesta preliminare, gliela concesse con molta cortesia. Ma quando egli partì senza fare altre richieste, ed il senato si accorse che i membri della famiglia reale di Pergamo non vivevano in discordia fra loro, al contrario di tutte le famiglie principesche, Eno e Maronea furono dichiarate città libere.
I Pergameni non ebbero un palmo di terreno dal bottino macedone; se dopo la vittoria riportata su Antioco di fronte a Filippo erano state osservate le forme, ora si voleva offendere ed umiliare.
Pare che verso quest'epoca il senato abbia dichiarato indipendente la Pamfilia, pel cui possesso Eumene ed Antioco avevano tanto combattuto.
Più importante fu la circostanza che i Galati - fino allora virtualmente soggetti ad Eumene, dopo che questi ebbe scacciato colla forza dalla Galizia il re del Ponto e nella pace gli ebbe estorta la promessa di non tenersi ulteriormente in alcuna relazione coi principi galati - ora facendo senza dubbio assegnamento sulla freddezza sorta tra Eumene e i Romani, se non addirittura da essi provocata, invasero il suo regno e lo ridussero a mal partito.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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