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      Eumene si volse ai Romani chiedendo la loro mediazione presso i Galati; l'ambasciatore vi era disposto; riteneva però che Attalo, il quale comandava l'esercito pergameno, avrebbe fatto meglio a non andare con lui, per non eccitare il malumore dei barbari. Egli non ottenne nulla, anzi al suo ritorno narrò che la sua mediazione aveva inaspriti i barbari più che mai.
      Non andò molto che l'indipendenza dei Galati fu dal senato romano formalmente riconosciuta e garantita.
      Eumene decise di recarsi a Roma, a perorare la propria causa in senato. Ma questo, mosso quasi dalla cattiva coscienza, decise improvvisamente che in avvenire non sarebbe più concesso ai re di venire in Roma, e fu mandato un questore ad incontrarlo a Brindisi, per comunicargli questo senato-consulto, chiedergli cosa volesse, e significargli che si vedrebbe con piacere la sollecita sua partenza.
      Egli comprese come stavano le cose: il tempo delle alleanze semipossenti e semilibere era passato; incominciava quello dell'impotente sottomissione.
      Il re tacque lungamente; alla fine disse che nulla voleva e s'imbarcò.
      13. Umiliazioni di Rodi. Egual sorte toccò a quei di Rodi. La loro era una condizione di privilegio.
      Essi non erano con Roma in una simmachia propriamente detta, ma in amicizia da pari a pari, senza alcun divieto di contrarre alleanze d'ogni genere, e senza obbligo di somministrare ai Romani contingenti dietro loro richiesta. E questa era, probabilmente, la causa per cui da qualche tempo la loro buona amicizia con Roma era turbata.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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