I primi dissensi con Roma erano sorti in conseguenza della sollevazione dei Licii - i quali, vinto Antioco, erano stati aggiudicati a Rodi - contro i loro tiranni che li trattavano con crudeltà (576=178) come sudditi ribelli; ma essi pretendevano di essere confederati e non sudditi dei Rodioti, e allorchè il senato fu invitato a chiarire il dubbio senso del trattato di pace, fu ad essi data ragione.
A questa decisione contribuì moltissimo una giusta compassione per quella popolazione oppressa con grave durezza: ma Roma, in ultima analisi, altro non fece che abbandonare questa contesa al suo corso, come aveva fatto di molte altre, sorte tra gli Elleni.
Quando scoppiò la guerra con Perseo, i Rodioti, e con essi tutti gli altri Greci assennati, la videro mal volentieri, e biasimarono particolarmente Eumene, quale istigatore della stessa, di modo che non fu permesso alla solenne ambasceria da lui spedita, di assistere alla festa d'Elio in Rodi.
Ma ciò non impedì ch'essi si tenessero stretti a Roma, e non lasciassero che il partito macedone esistente in Rodi come dappertutto, arrivasse al governo; e il permesso loro accordato, ancora nel 585=169, dell'esportazione del grano dalla Sicilia è una nuova prova della loro buona armonia con Roma.
Poco prima della battaglia di Pidna comparvero improvvisamente ambasciatori rodioti nel campo dei Romani e nel senato a Roma, dichiarando che Rodi non avrebbe più a lungo tollerato una guerra, che pesava sul suo commercio colla Macedonia, e danneggiava i proventi dei suoi porti, e che era persino disposta a dichiarare guerra a quella fra le due potenze che si rifiutasse di far la pace, ed anzi, a questo scopo, aveva già stretta alleanza con Creta e colle città asiatiche.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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