L'onesto Catone dimostrò, a vero dire, che i Rodioti, in sostanza, non avevano commesso alcun delitto, e domandò se si voleva cominciare a punire le intenzioni e se si poteva farne un carico ai popoli che concepissero il timore che, ai Romani, nulla fosse sacro appena non avessero più a temere alcuno.
Le sue parole e le sue ammonizioni furono inutili. Il senato tolse ai Rodioti i loro possedimenti di terra ferma, che davano un'annua rendita di 120 talenti (circa L. 765.000).
Più ancora pesarono i Romani sul commercio rodiota. La proibizione dell'importazione del sale nella Macedonia e dell'esportazione di legname da costruzioni navali da quel paese parve fatta in odio ai Rodioti. E ancor più vivamente colpì il commercio dei Rodioti l'istituzione del porto franco di Delo: il dazio del porto di Rodi, che fino allora rendeva un milione di dramme all'anno (circa L. 1.072.500) fu ridotto in brevissimo tempo a dramme 150.000.
I Rodioti, in generale, si trovarono paralizzati nella loro libertà e nella loro ardita politica commerciale: lo stato cominciò a languire. Sulle prime fu loro negata persino la chiesta alleanza, che ottennero dopo replicate istanze soltanto nel 590=164. I Cretesi, ugualmente colpevoli, ma impotenti, se la cavarono con un aspro richiamo.
14. La guerra siro-egizia. Per ciò che concerne la Siria e l'Egitto i Romani poterono procedere più sommariamente.
I due stati erano fra loro in guerra ancora una volta per la Celesiria e la Palestina.
Secondo quanto affermavano gli Egiziani, queste province, in occasione del matrimonio di Cleopatra di Siria, erano state cedute all'Egitto; ciò che negava la corte di Babilonia, la quale ne era di fatto in possesso.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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