Questa dichiarazione era almeno conforme a verità.
Prusia, re di Bitinia, il quale aveva da scontare la sua neutralità, fu però colui che in questa gara di adulazioni riportò la palma. Quando fu introdotto in senato prostrò la faccia a terra e rese omaggio agli «dei salvatori». Essendo egli tanto abbietto, dice Polibio, gli si diede una cortese risposta e gli si fece dono della flotta di Perseo.
Il momento per simili omaggi era per lo meno ben scelto.
Polibio fa decorrere il compimento del dominio mondiale dei Romani dalla giornata di Pidna. È questa, in sostanza, l'ultima battaglia in cui Roma scese in campo contro una potenza civilizzata sua pari; tutti i successivi combattimenti sono ribellioni o guerre contro popoli posti fuori del raggio della civiltà romano-greca, guerre contro i cosiddetti barbari.
Il mondo civilizzato riconobbe d'allora in poi nel senato romano la suprema corte di giustizia, i cui delegati decidevano in ultima istanza tra popoli e re. Per apprenderne la favella ed i costumi vennero a stabilirsi in Roma principi stranieri e giovani nobili. Una sola volta fu fatto dal grande Mitridate del Ponto un serio ed aperto tentativo per sottrarsi a questa signoria. Ma la giornata di Pidna indica nello stesso tempo, l'ultimo momento in cui il senato tiene ancora con fermezza alla massima di stato di non caricarsi possibilmente di possedimenti e di presidî al di là dei mari italici e di mantenere il buon ordine negli stati posti sotto il protettorato romano soltanto colla supremazia politica.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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