La nomina di ufficiali di stato maggiore era stata per la massima parte già prima d'allora trasferita dal generale alla borghesia; in quest'epoca fu stabilito che tutti gli ufficiali di stato maggiore della regolare leva annua, e i ventiquattro tribuni di guerra delle quattro legioni regolari fossero nominati nei comizi tributi.
Sempre più insopportabile sorgeva quindi il distacco tra gli ufficiali subalterni, i quali guadagnavano le loro promozioni per mezzo del generale, servendo puntualmente e dando prove di valore, e gli ufficiali superiori, i quali si procacciavano i loro posti privilegiati col mezzo di brighe nei comizi.
Per porre un freno, almeno ai più sfacciati abusi, e impedire che uffici di tanta importanza venissero affidati a giovani inesperti, fu necessario pretendere, per le nomine a posti di ufficiali di stato maggiore, la condizione di aver servito un certo numero di anni.
Ciò non pertanto, dacchè ai giovani delle famiglie nobili fu imposto il tribunato di guerra - il vero perno dell'organizzazione dell'esercito romano - come primo gradino della carriera politica, questo obbligo del servizio militare fu spesso eluso, e la nomina ai posti di ufficiale divenne dipendente da tutti gl'inconvenienti delle brighe democratiche e dell'esclusivismo aristocratico.
Si risolse in una critica mordace a questa nuova istituzione la risoluzione, che nei casi di guerre importanti (come quella del 583=171) si dovesse sospendere l'elezione popolare degli ufficiali di stato maggiore, lasciandone di nuovo la nomina al generale.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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