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      Il libero suffragio accresceva di fatto il potere di queste conventicole molto più che non quello degli elettori.
      Se Marco Corvo fu eletto console a ventitre anni, la sua nomina fu senza dubbio di vantaggio alla repubblica; ma che Scipione a ventitre anni venisse creato edile e a trenta console, e che Flaminio non ancora trentenne passasse dalla questura al consolato, era cosa assai pericolosa per la repubblica.
      Le cose erano giunte a tale, che, come ad unica tavola di salvezza contro un governo di famiglie e le sue conseguenze, si dovette ricorrere ad un regime strettamente oligarchico; e questo fu il motivo per cui, anche quel partito che prima faceva opposizione all'oligarchia, si pronunciò in favore della limitazione del libero suffragio assoluto.
      Il governo, naturalmente, portava l'impronta del cambiamento che a poco a poco si andava operando nello spirito della classe dominante.
      Nella trattazione degli affari esterni prevalevano, in quei tempi, ancora quella conseguenza e quella energia, mercè le quali era stato ottenuto il dominio del comune di Roma sull'Italia. Nell'epoca delle difficili prove della guerra per la Sicilia, l'aristocrazia romana si era a mano a mano elevata all'altezza della sua nuova posizione; e se essa incostituzionalmente usurpò a favore del senato il governo, che per diritto doveva essere diviso soltanto tra i magistrati ed i comizi, essa legittimò il suo operato, dirigendo, sebbene in modo tutt'altro che geniale, con mente chiara e con braccio fermo il timone dello stato durante la burrascosa guerra annibalica e le complicazioni che ne derivarono, e mostrò al mondo, che soltanto il senato romano era in grado di governare il vasto complesso degli stati italo-ellenici e che sotto molti rapporti esso era il solo che meritasse di farlo.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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