A questi si associarono le tribù celtiche tollerate di qua dell'Alpi, la cui posizione rispetto alla federazione italica - sebbene non ben conosciuta - è però abbastanza caratterizzata dalla clausola assunta nei trattati di alleanza con Roma, per la quale nessun membro di queste tribù poteva mai ottenere il diritto di cittadino romano.
Come abbiamo già osservato, la posizione dei federati non-latini si era notevolmente cambiata in loro danno colla guerra annibalica.
I pochi comuni di questa categoria, come Napoli, Nola, Eraclea, che si erano mantenuti fedeli a Roma durante tutte le fasi di questa guerra, conservarono perciò inalterato l'antico loro diritto federale; i moltissimi che cambiarono di parte dovettero, in conseguenza, assoggettarsi ad una dannosa revisione dei trattati esistenti. Una prova della condizione oppressiva dei federati non latini si ha nella loro emigrazione nei comuni latini: allora, quando i Sanniti ed i Peligni chiesero nell'anno 577=177 al senato la riduzione dei loro contingenti, essi basarono la loro domanda sul fatto che durante gli ultimi anni 4000 famiglie di Sanniti e di Peligni erano emigrate nella colonia latina di Fregelle.
E questa è pure una prova che i Latini, cioè le poche città dell'antico Lazio che non erano comprese nella lega cittadina romana, come Tivoli e Preneste, e le colonie latine disseminate in tutta Italia, si trovavano, a quel tempo, in una migliore condizione; ma esse non avevano però, ancora in proporzione, sofferto di meno.
I pesi loro imposti erano stati ingiustamente accresciuti e la pressione del servizio militare, di mano in mano che ne venivano esonerati i cittadini, aveva gravato sempre più sulle loro spalle e su quelle degli altri federati italici.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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