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      Fu quindi mantenuta la costituzione provinciale di Cartagine e di Gerone e sulle linee di essa si organizzarono anche quei paesi, che, come nella Spagna citeriore, si strappavano ai barbari.
      Era la camicia di Nesso, che si ereditava dal nemico. Non v'ha dubbio che, sulle prime, l'intenzione del governo romano fosse quella, non già di arricchirsi colle imposizioni dei sudditi, ma solo di coprire, col prodotto delle medesime, le spese dell'amministrazione e della difesa; ma esso deviò da questa massima allorquando rese tributarie la Macedonia e l'Illiria senza assumerne il governo e senza presidiarne i confini.
      Importava però molto meno che si osservasse una certa moderazione nell'imporre gravezze, che non si trasformasse la signoria in generale in un diritto profittevole; in quanto al peccato vale lo stesso lo spiccare dalla pianta una sola mela o lo spogliare tutto l'albero. La punizione seguì da vicino il torto.
      Il nuovo governo provinciale rese necessaria l'installazione dei governatori, la cui posizione non era soltanto incompatibile col benessere delle province, ma anche colla costituzione romana.
      Come il comune romano era subentrato nelle province al loro sovrano, il governatore vi si pose in luogo del re; così per esempio il pretore siciliano prese stanza a Siracusa nel palazzo di Gerone.
      Nondimeno il governatore era tenuto, a tenor di legge, ad amministrare la sua carica con onestà e colla frugalità repubblicana.
      Catone, quale governatore della Sardegna, visitava a piedi le città da lui dipendenti facendosi accompagnare da un solo servitore, il quale gli portava dietro il suo mantello e la patera dei sagrifici, e dopo la sua luogotenenza in Spagna, ritornando in patria, egli vendette il suo cavallo di battaglia, perchè non si credeva autorizzato a mettere in conto allo stato le spese del trasporto relativo.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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