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      La triste usanza di offrire al magistrato il «vino d'onore» ed altri doni «spontanei», pare essere così antica come la costituzione provinciale, e può benissimo darsi che fosse un'eredità cartaginese; e persino Catone dovette, durante la sua amministrazione della Sardegna nell'anno 556=198, accontentarsi di regolare e modificare queste offerte.
      Il diritto che avevano i magistrati, e in generale coloro che viaggiavano per affari dello stato, di essere alloggiati e trasportati gratuitamente, serviva di pretesto per angherie.
      Il diritto ancora più importante, che il governatore aveva di imporre somministrazioni di frumento nella propria provincia ad un prezzo equo prestabilito tanto pel proprio consumo che per quello del suo seguito (in cellam), quanto in tempi di guerra pel mantenimento dell'esercito, e così pure in altre speciali occasioni, si era mutato in un tale abuso, che il senato, in seguito ai reclami degli Spagnuoli, si decise nell'anno 583=171 a togliere ai magistrati, in entrambi i casi, il diritto di fissarne il prezzo.
      Si era già anche incominciato a mettere a contribuzione i sudditi persino per le feste popolari che si davano in Roma; le smisurate e vessatorie richieste fatte dall'edile Tiberio Sempronio Gracco ai comuni italici e non-italici per far fronte alle spese della festa popolare, che gli spettava di ordinare, determinarono il senato ad opporvisi di ufficio (572=182). Ciò che in generale i magistrati romani si permettevano di fare verso la fine di quest'epoca non solo contro gli sventurati sudditi, ma persino contro le repubbliche ed i regni dipendenti, è provato dalle scorrerie fatte a scopo di rapina da Gneo Volsco nell'Asia minore ed è particolarmente provato dal malgoverno della Grecia mentre ferveva la guerra contro Perseo.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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