14. Controllo dei governatori. Non avendo il governo presa alcuna misura per impedire gli abusi di questo dispotico regime militare, esso non aveva alcun diritto di meravigliarsene.
Quanto al controllo giudiziario è giusto riconoscere che esso non mancava interamente.
Sebbene per la massima generale e delicatissima di non permettere nessuna accusa contro il duce supremo durante l'esercizio della sua carica, il governatore romano potesse, nella procedura regolare, esser chiamato a giustificarsi soltanto dopo fatto il male, gli si poteva però intentare un processo penale o civile.
Per un processo penale era necessario che un magistrato romano, avente giurisdizione criminale, portasse l'accusa dinanzi al tribunale del popolo; il processo civile veniva assegnato dal senatore che amministrava la relativa pretura ad un giurì formato a norma dell'ordine giudiziario in seno del senato.
E nell'uno e nell'altro caso il controllo si trovava quindi nelle mani della classe dei nobili, e sebbene questi fossero ancora abbastanza onesti ed onorevoli per non trascurare assolutamente le accuse fondate, e il senato stesso accondiscendesse in parecchi casi, dietro richiesta dei danneggiati, ad ordinare persino l'istruzione di un processo civile, pure le lagnanze dei poveri e degli stranieri contro potenti membri dell'aristocrazia dominante, portate dinanzi a giudici e giurati in lontano paese, quantunque non imputabili di partecipare alla stessa colpa, sempre però appartenenti alla stessa classe degli accusati, non potevano essere prese in considerazione se non quando il torto appariva manifesto e gridava vendetta; e intentare inutilmente un processo significava andare incontro quasi a certa rovina.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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