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      Le vittime trovavano un certo appoggio negli ereditati rapporti di clientela, che le città e le province dei sudditi solevano stringere coi loro vincitori o con altri Romani entrati con esse in più intime relazioni.
      I governatori spagnoli si accorsero che nessuno osava commettere un atto arbitrario contro i clienti di Catone; e la circostanza che i rappresentanti delle tre nazioni soggiogate da Paolo, gli Spagnoli, i Liguri ed i Macedoni, insistettero per portare la bara contenente la sua salma sul rogo fu il più bell'elogio funebre che si potesse fare a questo grand'uomo.
      Però questa speciale protezione non solo porse ai Greci l'opportunità di sviluppare in Roma tutto il loro talento per avvilirsi di fronte ai loro padroni e per demoralizzare coll'ufficiosa loro servilità anche questi - le deliberazioni dei Siracusani in onore di Marcello, dopo che questi ebbe distrutta e saccheggiata la loro città e dopo che essi ebbero invano mosso lagnanze al senato, formano una delle più obbrobriose pagine degli annali non molto onorevoli di Siracusa -, ma questo patronato di famiglia, in relazione alla pericolosa politica dinastica, aveva altresì il suo grave lato politico.
      Così facendo si raggiunse lo scopo che i magistrati romani temessero in qualche maniera gli dei ed il senato, e che la massima parte dei medesimi osservasse un limite nelle ruberie; ma, per quanto lo si facesse con discrezione, si rubava però e si rubava impunemente.
      Fu sanzionata l'empia massima, che le concussioni di poco rilievo e le violenze esercitate dal magistrato romano con moderazione fossero, in certo modo, di sua competenza, per cui di fronte alla legge egli era immune; null'altro rimaneva quindi da fare ai danneggiati, che starsene zitti; l'avvenire non ha mancato di trarre da questa massima le più fatali conseguenze.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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