Un uomo, che aveva appunto esercitato una legale tirannide militare all'estero, poteva difficilmente ritrovare la via per restituirsi a vivere nella comunità cittadina, che distingueva bensì uomini che comandavano e uomini che ubbidivano, ma non già signori e servi.
Anche il governo s'accorse che i due principî fondamentali, l'eguaglianza tra l'aristocrazia e la sottomissione dei magistrati al senato, cominciavano allora a scomparire.
Dall'avversione che aveva il governo per l'acquisto di nuove province e per tutto il sistema provinciale, dall'istituzione delle questure provinciali, le quali erano destinate a togliere dalle mani dei governatori per lo meno l'amministrazione delle finanze, dall'abolizione della disposizione, in sè tanto conveniente, di nominare i governatori per lunga durata, si rivela il timore che inquietava i previdenti uomini di stato sulla messe che si doveva raccogliere da una simile seminagione.
Ma la diagnosi non è la cura. Il regime interno della nobiltà s'andava sviluppando nella direzione assegnatagli e la decadenza dell'amministrazione e del sistema delle finanze - precorritrice di future rivoluzioni ed usurpazioni - progrediva, se non inosservata, per lo meno senza ostacoli.
Se la differenza tra la nuova nobiltà ed il resto della borghesia non era così grande come colla vecchia aristocrazia ereditaria, e se, questa di diritto, quella solo di fatto, recava nocumento al resto della cittadinanza nella comunione dei diritti politici, l'inferiorità di fatto era appunto più difficile a sopportarsi e più difficile a scuotersi che non quella di diritto.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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