Secondo l'ordine di votazione osservato fino allora, i cavalieri, vale a dire l'antica nobiltà ereditaria, e la nuova nobiltà popolare, erano i primi a deporre il voto nell'urna; succedeva la prima classe, cioè quella dei censiti più forti, e quando queste due categorie si trovavano d'accordo esse decidevano di qualsiasi votazione.
Il suffragio dei censiti appartenenti alle seguenti quattro classi non era di grande importanza; quello di coloro il cui censo risultava inferiore all'infima classe, era assolutamente illusorio, ed i liberti, meno poche eccezioni, non avevano alcun diritto alla votazione.
Il nuovo ordinamento, invece, attribuiva probabilmente a ciascuna delle cinque classi un egual numero di voti; fu inoltre tolto ai cavalieri il diritto di votare per primi - essi conservarono però le loro apposite divisioni - e questo diritto fu deferito ad una sezione elettorale estratta a sorte fra la prima classe; e finalmente i liberti furono posti in egual condizione coi nati liberi.
Questa riforma viene considerata come quella che mise fine ai conflitti tra patrizi e plebei, e con ragione, quando si consideri che per essa fu tolto alla nobiltà ereditaria l'ultimo privilegio d'importanza politica che avesse ancora, quello della precedenza nella votazione.
E noi vorremo considerare questo passo di così poca importanza, riflettendo che l'ordine dei patrizi era ancora abbastanza potente per coprire con individui presi dal suo seno, la carica di secondo console e quella di secondo censore - cui avevano egualmente diritto tanto i patrizi quanto i plebei - la prima sino alla fine di questo periodo (582=172), la seconda sino ad una generazione più tardi (623=131), e persino per annullare nel momento più pericoloso che mai avesse avuto la repubblica, cioè nella crisi dopo la giornata di Canne, l'elezione del plebeo Marcello al consolato, rimasto vacante per la morte del patrizio Paolo, sebbene fatta in piena conformità della legge e benchè Marcello fosse da tutti considerato come il più abile ufficiale; e ciò unicamente perchè esso apparteneva alla classe dei plebei.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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Canne Marcello Paolo Marcello
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