27. Ingerenze del popolo. Di maggiore importanza si manifestava la crescente ingerenza dei cittadini in questioni personali e materiali d'amministrazione militare e di politica estera.
A ciò si riferisce quanto già si disse intorno al trasferimento delle nomine degli ufficiali ordinari di stato maggiore, dal generale alla borghesia; intorno alle elezioni dei capi dell'opposizione a comandanti supremi nella guerra annibalica; intorno al plebiscito del 573=181, incostituzionale non meno che stolto, in forza del quale il supremo comando fu diviso tra il generalissimo impopolare ed il popolare suo luogotenente, che non mancava dal fargli opposizione anche nel campo come in casa; la puerile accusa portata dai tribuni innanzi alla borghesia contro un ufficiale, qual era Marcello, tacciandolo di aver condotto la guerra in modo irragionevole e disperato, ed obbligandolo ad abbandonare il campo e recarsi alla capitale per giustificare innanzi al pubblico la sua abilità militare (545=209); gli sforzi ancor più scandalosi per negare, con un plebiscito, gli onori del trionfo al vincitore di Pidna; il conferimento fatto ad un privato - a dir vero per suggerimento del senato - dello straordinario potere consolare (544=210); la pericolosa minaccia di Scipione, di farsi concedere dalla borghesia il supremo comando in Africa ove il senato glielo avesse negato (549=205); il tentativo fatto da un uomo divenuto quasi pazzo dall'ambizione di estorcere al popolo, contro il volere del governo, una dichiarazione di guerra contro Rodi assolutamente ingiustificabile (587=167); e, finalmente, il nuovo sistema di diritto pubblico, che ogni trattato divenisse pienamente valido colla ratifica del popolo.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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Marcello Pidna Scipione Africa Rodi
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